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martedì 18 febbraio 2014



L'arte dello Street food a Palermo e dintorni

Il centro storico di Palermo è uno scrigno zeppo di tesori senza tempo. Ed è impossibile scoprirne la bellezza e il valore senza che tutti e cinque i sensi ne rimangano colpiti.
Perché Palermo è da osservare ad occhi sbarrati, da assaporare e da gustare con vigore, da vivere passo dopo passo, ma senza fretta. E allora sarà bene dimenticarsi degli orologi e soprattutto della dieta. Il tour che stiamo per proporvi vi porterà in giro per i più bei monumenti della città antica ma saranno le soste gastronomiche a farla da padrone.

Il cibo da strada qui è infatti un’istituzione intramontabile per i palermitani di qualunque età, e in testa alla classifica degli prodotti tipici preferiti troviamo senza dubbio il pane con le panelle, lo sfincione, la quarume e il pane ca’ meusa (milza).

Panino alla mano potrete addentrarvi all’interno della piazza, una delle più importanti della città per la presenza di Palazzo d’Orleans, sede della presidenza della Regione. Attraversando il grande giardino all’interno della piazza vi ritroverete davanti ai bastioni murari di Palazzo del Normanni, o Palazzo Reale, sede dell’Assemblea Regionale Siciliana e uno dei principali monumenti cittadini. Era l’antica e ricca regia di Ruggero II che ospita al suo interno la Cappella Palatina, la chiesa della famiglia reale, oggi principale esempio nell’isola di cappella normanna decorata con splendidi mosaici bizantini. Passando sotto Porta Nuova, rigorosamente col naso all’insù per ammirarne le imponenti sculture raffiguranti quattro mori, si accede al corso Vittorio Emanuele, o Cassaro come era detto anticamente. Da qui, pochi passi e sarà difficile non arrestare il passo davanti alla maestosità della Cattedrale. Attraversando il portico quattrocentesco si può accedere all’interno. Ricostruito nel XIX secolo in stile neoclassico, custodisce le spoglie di alcuni personaggi storici di rilievo, tra cui Federico II e Ruggero II. Ma anche quelle di Santa Rosalia, amatissima patrona della città.

Attraversando tutto il corso saranno doverose altre soste culinarie. Superati i Quattro Canti, con le sue quattro fontane sormontate dalle allegorie delle quattro stagioni si arriva all’ingresso dell’antico mercato della Vucciria, oggi non più attivo come un tempo ma che racchiude tutto il gusto del decadimento che, volente o nolente, è parte del fascino di questa città. Qui, proprio sul ciglio della strada e a tutte le ore fino a tarda notte c’è Rocky, lo storico venditore del “pani ca’ meusa”, una pagnotta imbottita di fette di milza e polmone che vengono fritte nello strutto rigorosamente dentro una grande e unta pentola di rame. Proseguendo e arrivando ad angolo di piazza Marina c’è invece Franco U’ Vastiddaro, che prende il nome proprio dalla tipica vastedda (la focaccia palermitana) che rispetto alle richieste riempie di panelle, di crocchè o milza. Grazie ai tavolini accomodati in un piccolo angolo della piazza si potrà fare una sosta per poi addentrarsi all’interno dove campeggia l’ottocentesca Villa Garibaldi coi suoi splendidi esemplari di magnolie dalle radici aeree gigantesche.
Per chi invece volesse gustare un panino con la milza alla vista del mare, consigliamo di arrivare fino a Porta Carbone, proprio alla fine di corso Vittorio Emanuele. Da qui si potrà poi risalire per la via Alloro, strada storica bella da passeggiare e sede di palazzo Abatellis, che ospita la galleria regionale d’arte con i suoi molti capolavori tra cui l’Annunciata e il San Girolamo di Antonello da Messina. Dopo un tira e molla da parte del governatore Rosario Crocetta, queste due opere si trovano però al momento in cessione al Mart di Rovereto, uno dei musei italiani più prestigiosi d’Italia che ha voluto dedicare una mostra al celebre pittore siciliano. Dallo scorso 5 ottobre e fino al 12 gennaio del prossimo anno, i quadri rimarranno quindi fuori sede. Nella vicina via S. Anna c’è invece la Gam, la galleria d’arte moderna, realizzata in quella che fu prima residenza privata quattrocentesca e poi un convento nel ‘600. Non lontano un altro angolo in cui l’architettura palermitana e le specialità della tradizione culinaria si incontrano: giunti in via Paternostro e sulla piazzetta antistante lo sguardo sarà attratto dalla Basilica di San Francesco d’Assisi, costruita in stile gotico e rinascimentale e risalente al 1200; mentre la gola vi spingerà all’antistante Antica Focacceria, dove trovere tutte le specialità palermitane, luogo celebre per il pane ca’ meusa.

Il quartiere Kalsa, di chiara origine araba, è uno dei più antichi. Anche qui non manca la possibilità di gustare i sapori della Palermo popolare e arrivando nella piazza del quartiere ci pensano gli odori nell’aria a ravvivare i sensi. C’è Chiluzzo, che nel suo banchetto mette a dura prova le voglie degli avventori data la vasta scelta di condimenti con cui riempie i suoi panini: panelle, crocchè, melanzane fritte. Mentre a pochi metri, per chi preferisse i sapori del mare, c’è il banchetto del cozze e delle vongole, anche questo attivo fino a tarda notte. E intanto sarà impossibile non accorgersi del prospetto del Santa Teresa, la monumentale chiesa barocca del ‘700, che sovrasta la piazza. Siamo di fronte al Foro Italico adesso, il prato che è anche lungomare e che collega proprio i quartieri Cala e Kalsa. Percorrendolo si arriverà alla Villa Giulia, giardino pubblico di fine ‘700, e all’Orto Botanico, un enorme museo di piante e alberi all’aperto attivo da oltre duecento anni.

Incontrerete anche i frittulari, cioè i venditori di frittola, anche questa una mistura di frattaglie di vitello o maiale ridotte quasi in poltiglia e poi fritte nello strutto. La presentazione risulterà un po’ misteriosa dal momento che la mercanzia viene tradizionalmente riposta in un grande cesto di vimini e messa a riposare coperta da un panno che non permette di vederne il contenuto. C’è chi giura che ci voglia del coraggio per assaggiarla ma anche chi poi non se ne pente.
Un giro per il centro storico di Palermo vi permetterà di imbattervi spesso in un altro tipico rivenditore ambulante: è lo sfincionaro, il venditore dello sfincione, il pane pizza palermitano tanto spugnoso quanto gustoso. Di sfincionari in giro per la città, che dal loro “lapino” (la classica moto Ape) urlano ai passanti frasi per invogliare all’acquisto, ce ne sono molti e tutti riforniti dal laboratorio di via Candelai, attivo ogni notte per la preparazione dello sfincione fatto come tradizione comanda.

Fonte: http://www.foodiedrivers.it

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